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12 maggio 2020 - Le case di cura RSA nella tempesta del covid 19

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Comunicazioni della Presidenza

 

LE CASE DI CURA (RSA) NELLA TEMPESTA DEL COVID-19

 

Il nodo cruciale dei reagenti che mancano o degli esami sierologici ancora in data 9 maggio senza regole, così come gli ordini sbagliati, a livello nazionale, delle mascherine con la mancanza di certificazioni o il fatto che le aziende non fossero pronte a fornire quanto dovuto sono fatti più che noti.  Gli intoppi nelle spedizioni dalla Cina, nelle Dogane e nella mancanza di un accordo per la distribuzione, ancora al 9 maggio non risolti, non hanno potuto garantire la tempestiva distribuzione delle mascherine all’atteso prezzo calmierato di 0,50  euro. Troppi sono stati i fattori lasciati fuori controllo responsabili della mancata attuazione di quanto annunciato con le relative attendibili ripercussioni sul mercato .  Il  decreto del 4 maggio ha previsto più controlli sanitari sui malati e il monitoraggio dei loro contatti ma di fatto gli strumenti previsti necessari per scongiurare altri contagi non sono stati messi adeguatamente a disposizione. Il  4 maggio come garantito dal governo le mascherine avrebbero dovuto essere nelle farmacie ma al 9 maggio stavano ancora attendendo la certificazione dell'Istituto Superiore di Sanità. Sempre al 9 maggio non arrivano neppure i reagenti necessari per processare i tamponi così non si riescono a sottoporre ai test in tempi rapidi neppure i sintomatici.    Tali fatti gravi non sono stati determinati da scelte delle RSA ma subiti e dovuti alla carenza storica nel nostro paese di laboratori in grado di processare i tamponi e della contingente difficoltà di reperire i reagenti in tempi utili.

Parimenti 9 milioni di mascherine dei 12 annunciati e garantiti dal Ministero sono ancora da certificare al 9 maggio, bloccate dall'Istituto Superiore di Sanità perché prive di alcuni requisiti di idoneità e quindi invendibili.    Altrettanto vale per i test sierologici fino al 9 maggio ancora in attesa del via libera del Ministero della Salute il quale a sua volta attende la pronuncia del Garante !

Pertanto le specifiche considerazioni sulle responsabilità dei vari soggetti devono ovviamente tener conto senza ipocrisia di tutti i livelli coinvolti, ad  iniziare dalle “decisioni” annunciate e non rispettate dagli organi nazionali che non hanno saputo concretizzarle, vittime passive e consapevoli dell’ordinario disordine burocratico del nostro paese, ben riassunto dal corto circuito tra Ministero, Istituto Superiore di Sanità e Garante.  Si dovranno certamente approfondire, come richiesto ad alta voce dai media nazionali per le RSA, i vari casi particolari ma non tralasciando di indagare “il sistema”  nel quale erano e sono inserite e del quale, come tutti, hanno “dovuto” dolorosamente prendere atto senza averne responsabilità.   Una obbligata applicazione di scelte e di norme  da parte di chi  non poteva disporre né delle attrezzature né del personale necessario per attuarle non può essere confusa con la negligenza ignorando le altre ben diverse responsabilità.

Gli ospedali, avendo  avvertito  la necessità di importanti quantitativi di dispositivi per la protezione personale, si sono subito attivati ma le disponibilità sono venute a mancare presto anche per loro.

Quando si sono presentate le problematiche per le RSA  i tempi di approvvigionamento si sono allungati a dismisura.   Non è un mistero che appena dichiarato, perché noto, il diffondersi della epidemia a livello nazionale non si sia saputo affrontare con immediatezza una fornitura di dispositivi di protezione individuale coerente con le necessità del paese. Dilagando successivamente il contagio in diversi paesi è stato arduo  reperire quanto necessario, in particolar modo per chi non fosse interessato a grosse forniture.

Inoltre, per proteggere gli ospedali da un eccesso di ricoveri rispetto alla disponibilità di letti, i rapporti delle RSA con le reti ospedaliere sono stati bloccati creando criticità imprevedibili, così come si sono rarefatti i rapporti con i medici di famiglia. Si è di conseguenza rilevata l’impossibilità, nella maggioranza dei casi, di isolamento in singoli reparti dei Covid-19, così come quella di reperire dipendenti da dedicare esclusivamente ai pazienti Covid onde evitare che potessero diventare diffusori di contagio.  Con il “senno di poi” è facile giudicare negligenza ciò che al momento della scelte non lo era o era imponderabile : Ospiti con patologie croniche gravi,  già contagiati ,  non hanno potuto essere testati per carenza di tamponi o di laboratori idonei ad analizzarli e possono essere diventati fonti di contagio che,  in mancanza di mezzi di protezione adeguati, possono aver bypassato tutte le misure richieste per evitare la diffusione del contagio stesso.

Potremmo chiederci anche di chi sia “colpa” se ancora oggi non esistono farmaci con indicazioni regolamentate per il trattamento del Covid-19 a domicilio. Ma questa sarebbe la logica del “non potevano non sapere” ovvero della presunzione di onnipotenza.   Solo grazie alle esperienze maturate nel tempo relative ai diversi meccanismi di contagio si sono potuti definire successivi protocolli che sono in costante aggiornamento.  Ovviamente non si poteva conoscere ciò che non si sapeva e non si immaginava.  Così i comportamenti, se in buona fede , non possono essere considerati negligenze poiché non si può concepire che fosse allora noto ciò che non lo era, “con il beneficio del senno e delle informazioni di poi “. In altre parole, le reali conoscenze che non si avevano all’inizio dell’epidemia rendevano discutibili la individuazione e la attribuzione di comportamenti che soltanto oggi sono definiti.

In generale la mancanza di finanziamenti pubblici, in Italia come all’estero, non ha potuto garantire l’efficienza degli standard essenziali.  Le risposte ai molti perché vanno ricercate nel livello di civiltà di ogni paese che è anche il risultato delle scelte dei legislatori che non hanno mai brillato per concretezza nel confronto delle problematiche degli anziani.  Il livello di civiltà di un paese si esplica nella capacità di “capire” prima dei momenti di crisi, e non dopo, la differenza tra ciò che è indispensabile, ciò che è necessario, ciò che è utile e ciò che è bello ma superfluo, prima  che questo assuma un significato drammatico nei momenti di crisi. Le ricerche dimostrano comunque che generalmente in Italia le case di cura sono ad un buon livello rispetto al resto d’Europa.

 

Il Presidente

Dott Arturo Lincio